Amo il mare. E amo le barche, quelle belle.
Mi piace terribilmente muovere le mani, per costruire, modificare, riflettere, sperimentare.
Sperimentare con le vernici, con il metallo, con il legno, con quello che ho intorno.
E poi imparare da chi ne sa più di me e studiare, studiare vecchie soluzioni sempre valide e nuove possibili alternative.
Studiare per trarre più soddisfazione da quello che si fa perchè si è realmente compreso cosa c’è dietro.
Ho abbozzato linee di piccole barche, le ho sognate, ho bussato alla porta di cantieri e studi di progettazione, ho annusato l’odore del legno e del metallo in lavorazione, quello delle vernici.
Un cantiere tradizionale del legno, un laboratorio nautico, è un’esperienza unica. Al suo interno ci sono il mare, le navigazioni, la storia che si portano dietro le barche adagiate in secco.
In un restauro od una nuova costruzione c’è la sapienza nel modellare il legno, nel fondere e saldare il metallo, nel tagliare e cucire le vele.
C’è la scienza dell’aero-idrodinamica nelle linee d’acqua e nel piano velico che, insieme alla conoscenza dell’utilizzo cui è stata destinata l’imbarcazione, ci permettono di comprendere il perchè di quelle linee e di quelle vele.
C’è la scienza dei motori e degli impianti.
E c’è il desiderio del proprietario che l’ha voluta far nascere o riportare in vita, la creatività e il pragmatismo del progettista che ha dato forma ai suoi desideri, la sensibilità dei restauratori nel comprendere il limite oltre il quale non spingersi.
E c’è il tempo. Il tempo di riflettere. Perchè i problemi sono sempre nuovi e le soluzioni mai le stesse.
C’è il tempo giusto per fare le cose come devono essere fatte e la consapevolezza che sempre, comunque, per un dato problema, esiste una soluzione.
Robert M. Pirsig ha scritto un libro sullo zen e l’arte della manutenzione di una motocicletta. Sull’arte della costruzione o restauro di una imbarcazione in legno ci si potrebbe forse scrivere un intero trattato di filosofia.